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La RIABILITAZIONE NUTRIZIONALE nei Bambini.

Come funziona la Nutrizione Artificiale e cosa comporta a livello fisico, psicologico e sul piano della qualità di vita nei bambini e nei genitori

 

I bambini e ragazzi con malattie croniche complesse (a origine digestiva ed extra-digestiva) in nutrizione artificiale o in cure palliative pediatriche sottoposti a riabilitazione nutrizionale necessitano di ricoveri molto lunghi e frequenti (mesi), per la difficoltà di individuare lo schema nutrizionale adatto e di assicurare l’efficacia del sistema nutrizionale anche a domicilio, e sono sottoposti spesso a procedure cliniche invasive e traumatiche.

La nutrizionale artificiale (leggi gli approfondimenti qui)è una tecnica di alimentazione che utilizza modalità alternative a quelle fisiologiche; è utilizzata in tutte quelle situazioni nelle quali è impossibile, totalmente o parzialmente, garantire l’assunzione di nutrienti per via orale, per varie patologie (dall’intestino corto chirurgico ai quadri malformativi genetici).

Questo trattamento può essere eseguito anche a domicilio (NAD, nutrizione artificiale domiciliare) ma solo se lo stato clinico del paziente e le condizioni socio-familiari ne garantiscono la sicurezza e l’efficacia al di fuori dell’Ospedale.

 

Possiamo distinguere  TRE TIPI FONDAMENTALI DI NUTRIZIONE ARTIFICIALE:

 

  • SUPPLEMENTAZIONE ORALE
  • NUTRIZIONE ENTERALE (SONDINO NASOGASTRICO o SONDA gastrostomica)
  • NUTRIZIONE PARENTERALE

Esistono poi COMBINAZIONI DI QUESTI, che costituiscono la Nutrizione artificiale  PERSONALIZZATA

 

Il SONDINO NASOGASTRICO è adatto per nutrizione artificiale di breve durata. Può essere posizionato in sede gastrica o in sede digiunale.

 

La NUTRIZIONE ENTERALE  tramite sonda gastrostomica è indicata in casi di malnutrizione cronica, con funzione intestinale conservata, in pratica a trattamenti più protratti nel tempo.

Le sonde digestive possono in realtà avere due tipi di accesso. Accesso gastrico (gastrostomia) o PEG (acronimo dell’inglese  percutaneous endoscopic gastrostomy) ed accesso in sede intestinale (digiunostomia transgastrica o   PEJ acronimo di  percutaneous endoscopic jejunostomy)

L’accesso tramite stomia digestiva ha il vantaggio di permettere di operare una salvaguardia batterica e di favorire la fisioterapia deglutitoria, rispetto al sondino nasogastrico. Da un punto di vista psicologico, tuttavia, può comportare un’alterazione profonda dell’immagine del corpo del bambino, ed un’alterazione profonda nella madre dell’immagine di se stessa come non capace di fornire nutrimento al proprio bambino.

 

La NUTRIZIONE PARENTERALE  rappresenta il profilo più complesso: è somministrata quando l’apparato gastrointestinale non funziona. E’ una metodologia più invasiva e gravata da maggiori complicanze quali  complicanze del CVC di tipo infettivo, meccanico, trombotico e variazioni della stabilità del CVC, tutte situazioni che comportano un’improvvisa e repentina necessità di accesso in Pronto soccorso. Da un punto di vista psicologico questa situazione viene spesso vissuta con ansia elevata, in una continua sensazione di allerta.

 

Tutte queste situazioni, e i frequenti ricoveri associati, comportano, nei bambini/ ragazzi e nei loro genitori, uno stress elevato ed una riduzione della qualità di vita, con ridotta o nulla possibilità di frequentazione scolastica, di frequentazione dei pari di pratica di attività sportive o di giochi di movimento….

Questi ricoveri possono riguardare neonati nei primi giorni  di vita ma spesso, anche durante la crescita, i bambini/ragazzi si trovano a dover essere ricoverati improvvisamente, e quindi ad interrompere la frequenza scolastica, le relazioni con i pari, ecc…

 

L’ESPERIENZA DELL’OSPEDALE PEDIATRICO BAMBINO GESÙ:

Presso l’U.O. di Gastroenterologia e Nutrizione Artificiale dell’Ospedale Bambino Gesù, dal mese di novembre 2019 al mese di novembre 2020 sono stati seguiti in senso psicologico 50 bambini. L’età media del campione era di 5 anni, 7 mesi, così distribuiti:

0- 2 anni: 22 (44%)

2-7 anni: 16(32%)

8- 11: 5 (10%)

12- 19 e oltre: 7 (14%)

Media dei numeri di ricoveri:12,92

Media dei giorni di ricovero:218 (59,72%)

Media degli accessi in P.S.:5,12

 Come possiamo rilevare da questi dati, i ricoveri più frequenti e più lunghi avvengono nei primi anni di vita. Complessivamente, i bambini e i ragazzi del campione esaminato, hanno trascorso circa la metà della loro vita in situazione di ricovero.

Quanto incide la Nutrizione Artificiale nello sviluppo psico-fisico del bambino e nel vissuto genitoriale

Dall’attività clinica è stato possibile individuare almeno quattro aree  di fondamentale importanza:

  • Effetti traumatici nel bambino e nei genitori
  • Vissuti genitoriali e relazione con gli altri figli/ fratelli
  • Relazione con il corpo e immagine del corpo nel bambino
  • Aspetti evolutivi: sviluppo psicomotorio e cognitivo del bambino

 

Effetti traumatici

Il ricovero, e le procedure di N.A., possono costituire un fattore traumatico, per il bambino e per la madre, in modo diverso a seconda dell’età del bambino.

Se il ricovero avviene alla nascita, o nei mesi immediatamente successivi, il maternage subisce interruzioni e cambiamenti. La madre non può più fornire il nutrimento al figlio, né con il proprio latte, né con quello artificiale. Non solo, cambiano anche le sensazioni tattili, perché il bambino può sì essere preso in braccio, ma le possibilità di manipolazione sono diverse.

Inoltre, sia nei neonati che nei bambini più grandi, sono i genitori, spesso la madre, che, una volta a casa, devono fare le medicazioni al figlio, medicazioni che, se il bambino è sottoposto a Nutrizione enterale, possono comportare vissuti di intrusione nel suo corpo.

Questi bambini sviluppano man mano consapevolezza di ciò che accade loro (le medicazioni, I rischi di spostamento del catetere e le limitazioni nei movimenti, il dover dormire con I genitori per il cambio delle sacche nutrizionali, il non poter frequentare i pari se non a scuola, il loro corpo che non cresce e ha delle “ferite”, fino all’adolescenza quando le “forme” non si sviluppano”).

 

Quello che può venire disturbato in questi casi è il Sistema di attaccamento. Questo riguarda tutti gli esseri umani e ha inizio con l’iniziale sintonizzazione fra madre e bambino, che è corporea ed avviene attraverso reciproche interazioni senso motorie e affettive.

«Il comportamento di attaccamento è quella forma di comportamento che si manifesta in una persona che consegue o mantiene una prossimità nei confronti di un’altra, chiaramente identificata, ritenuta in grado di affrontare il mondo in modo adeguato. Questo comportamento diventa evidente ogni volta che la persona è spaventata, affaticata o malata, e si attenua quando si ricevono conforto e cure» (Bowlby).

Il primo ambiente sociale mediato dalla figura di attaccamento, influenza l’evoluzione delle strutture del cervello del bambino (Shore). La figura di accudimento risponde ai segnali del bambino prendendolo in braccio, accarezzandolo, nutrendolo e dando un senso alle sue esperienze.

In condizioni «normali» la madre si pone al bambino piccolo come «barriera protettiva» (Winnicott) nei confronti degli stimoli esterni: modula le emozioni e gliele trasmette in misura per lui assimilabile. Il bambino può, così, conoscerle e imparare successivamente a modularle e regolarle.

Queste relazioni vanno a costituire le strutture fondanti della personalità, le strategie difensive, la regolazione affettiva definiti come “Modelli Operativi Interni” (Internal Working Models). Questi sono rappresentazioni interne di se stessi, delle proprie figure d’attaccamento e dell’ambiente, come pure delle relazioni che li legano. Si tratta di modelli di relazione che si sviluppano nei primi anni di vita, che vengono utilizzati per rapportarsi con l’esterno e che si mantengono relativamente stabili nel tempo. Le esperienze passate, particolarmente quelle relative ai pericoli, possono in questo modo essere conservate nel tempo generando aspettative e vengono utilizzate come guida influenzando i comportamenti futuri.

Le ricerche sull’attaccamento hanno dimostrato che per lo sviluppo dei Modelli Operativi Interni sono importanti le esperienze reali, sia presenti che passate (Bowlby 1969, 1973, 1980). Essi sono quindi sottoposti ad un continuo processo di riorganizzazione e possono modificarsi, soprattutto sulla base di esperienze significative nel corso del ciclo vitale (Crittenden 1999).

 

Le condizioni che sono risultate più importanti per lo sviluppo della qualità dell’attaccamento fino all’adolescenza sono:

 

  • la continuità delle cure genitoriali,
  • la sensibilità materna nel corso di tutta l’infanzia
  • i modelli operativi interni degli stessi genitori (Grossmann, Grossmann, Zimmermann 1999).

 

Il risultato positivo di questo legame sono la mentalizzazione e la funzione riflessiva, cioè la facoltà di pensare agli altri tenendo conto dei loro stati mentali, cioè considerandoli come persone pensanti (Peter Fonagy – Fonagy et al. 1991; Fonagy, Target 2001; Baldoni 2005b).

Ricoveri prolungati, ferite e procedure chirurgiche ( la madre o il caregiver che dovrebbe riparare e proteggere dagli eventi spiacevoli non può farlo) possono avere quindi conseguenze traumatiche per il bambino e per i suoi genitori.

 

Fattori traumatici per il bambino/a:

  • Medicazioni e inserimenti cateteri/ sonde= intrusioni nel proprio corpo
  • Dolore
  • Deprivazione di stimoli (permanenza a letto e in ambiente ospedaliero)
  • Deprivazione affettiva (allontanamento dai pari e dai familiari)
  • Scarsa capacità del care giver di fungere da barriera protettiva rispetto ai fattori sopracitati

 

Fattori traumatici per la madre:

  • Separazione precoce e improvvisa
  • Impossibilità di fornire cure materne (perché sostituite da quelle mediche)
  • Vita in Ospedale
  • Frequenti ricoveri
  • Ansia circa le condizioni del bambino
  • Separazione dagli altri componenti della famiglia

 

Vissuti genitoriali: ansia e stress da gestire

Come riportato dalla letteratura, i genitori di questi pazienti presentano livelli elevati di ansia, depressione e stress genitoriale, in misura maggiore di quanto rilevato in genitori di bambini con altre malattie croniche. Possiamo di seguito elencare alcuni aspetti che si possono ritrovare nella clinica:

 

  • Consapevolezza della perdita della propria immagine di genitori in grado di tutelare e nutrire la vita che hanno generato in relazione al crollo delle speranze e aspettative rappresentate dal bambino
  • Sentimenti di responsabilità riguardo le decisioni sulla gestione della nutrizione artificiale
  • Incertezza della madre sulla propria identità come una buona madre, per l’impossibilità di nutrire oralmente il proprio figlio
  • Possibile rabbia, sentimenti di insofferenza nei confronti del figlio e vissuti dell’atto della nutrizione non come naturale ma come invasiv
  • Importante modificazione dell’attitudine genitoriale in senso iperprotettivo
  • Tentativi di tenere nascosta totalmente o parzialmente la realtà della malattia
  • Coinvolgimento totalizzante del proprio tempo in funzione dell’accudimento, con rinuncia al lavoro e a spazi per sé,
  • Ansie di inadeguatezza nelle medicazioni
  • Paura del corpo del figlio, come senso di estraneità
  • Senso di estraneità e incomunicabilità all’interno della coppia genitoriale che provoca un’esperienza di solitudine ancora più pressante
  • Ansia per gli altri figli e paura di togliere loro tempo e affetto per l’accudimento al figlio malato.

 

La famiglia necessita, quindi, a sua volta, di un’unità di contenimento e sostegno che può essere fornita, oltre che dall’équipe curante, anche dal confronto con altre famiglie che si trovano in simili condizioni.

 

Relazione con il corpo e immagine corporea

 

Possiamo definire l’immagine corporea come “quel quadro nel nostro corpo che formiamo nella nostra mente, ossia il modo in cui il nostro corpo appare a noi stessi” (Schilder, 1935)

La relazione con il corpo è complessa, ognuno di noi ha un corpo con il quale tende ad identificarsi e attraverso il quale entra in relazione con il mondo esterno.

Nei bambini e nei ragazzi in N.A. l’immagine corporea risulta disturbata per:

 

  • Il basso peso che comporta la mancanza di forme, soprattutto un pubertà e in adolescenza
  • le diverse cicatrici causate dall’utilizzo di nutrizione artificiale.

Ne possono conseguire sentimenti di vergogna del proprio corpo, non accettazione di alcune parti di esso (dismorfofobia), vissuti di estraneità verso i coetanei, inadeguatezza, soprattutto in adolescenza.

 

Aspetti evolutivi: sviluppo psicomotorio e cognitivo

 

Come riportato dalla letteratura, I bambini con intestino corto in N.A. presentano un cattivo pattern di crescita e questo correla spesso con una lieve disabilità cognitiva. In questi bambini, infatti lo sviluppo psicomotorio e cognitivo è a rischio per privazione/ restrizione di stimoli (conseguente alla permanenza a letto), scarso accrescimento e scarsa assimilazione, ed eventuali disturbi neurologici in associazione.

Lo sviluppo psicomotorio e cognitivo,  rappresenta un processo maturativo che nei primi anni di vita consente al bambino di acquisire competenze e abilità posturali, motorie, cognitive, relazionali. Si tratta di un progredire continuo, dipendente dalla maturazione del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e dalla sua interrelazione con gli stimoli ambientali ed affettivi, con tempi e modalità variabili per ogni bambino, ma in cui è possibile individuare delle “tappe” che vengono raggiunte secondo una sequenza e una naturale cronologia di sviluppo.  Le informazioni dall’ambiente vengono acquisite ed  immagazzinate, attraverso rappresentazioni mentali, che permettono di essere utilizzate in momenti successivi della propria esistenza.

La diagnosi di ritardo dello sviluppo viene posta quando le abilità del bambino non raggiungono quelle previste per l’età cronologica ai test strutturati nelle diverse scale esaminate (motoria, personale e sociale, linguaggio, capacità di manipolazione). Si rende necessario, in questi casi, attivare una terapia psicomotoria e/o di linguaggio.

 

Alla luce di questi dati, l’intervento psicologico in U.O. di Nutrizione artificiale, durante la degenza,  è stato così organizzato:

 

  • colloqui psicologici con i genitori
  • colloqui psicologici con il bambino/ adolescente
  • valutazione psicomotoria/cognitiva del bambino
  • eventuali psicoterapie di sostegno durante la degenza al bambino/ragazzo o ai genitori
  • colloqui psicologici di controllo con il bambino/ adolescente e con i suoi genitori durante rientri in degenza.

A seguire, in previsione della dimissione e del rientro a casa, secondo le esigenze cliniche, si consigliano, per il bambino, terapia neuromotoria, terapia psicomotoria, terapia di linguaggio, psicoterapia; per i genitori, colloqui psicologici di sostegno alla genitorialità

 

Articolo a firma di:

 Dott.ssa Luigia Milani, Dott.ssa Sofia Pellicciari

U.O. Psicologia clinica, U.O. Gastroenterologia e Riabilitazione Nutrizionale

Ospedale pediatrico Bambino Gesù Roma