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L’impatto psicologico nell’avere un dispositivo di accesso vascolare centrale nei pazienti affetti da IICB in nutrizione artificiale domiciliare. Due survey per valutarne criticità e aspetti migliorabili.

L’Associazione Un Filo per la Vita Onlus ha promosso una survey tra i suoi pazienti, pediatrici e adulti, realizzata con il Dott. Paolo Gandullia, Istituto G.Gaslini per esaminare criticità e aspetti potenzialmente migliorabili. I risultati saranno presentati nel corso del XIV Convegno che si terrà il prossimo 6 Dicembre a Genova.

Inoltre, la collaborazione con l’Università di Torino per un’altra survey produrrà una tesi di laurea che parlerà proprio dell’impatto psicologico in chi utilizza tali dispositivi di accesso vascolare.

Indossare un dispositivo di accesso vascolare, quale è il Catetere Venoso Centrale nelle persone affette da IICB in Nutrizione Artificiale Domiciliare (NAD) ha un impatto psicologico importante La Nutrizione Artificiale Domiciliare (NAD), in particolare la Nutrizione Parenterale Domiciliare (NPD), rappresenta una terapia salvavita per i pazienti affetti da IICB – Insufficienza Intestinale Cronica Benigna che necessitano di tale trattamento per supplire alla funzione intestinale compromessa da tale patologia rara. Sebbene la NAD permetta la dimissione e un miglioramento della qualità di vita rispetto al ricovero, la sua gestione quotidiana, soprattutto la presenza del Catetere Venoso Centrale (CVC), non è priva di implicazioni fisiche e psicologiche che meritano attenzione. Al di là degli aspetti puramente clinici, il CVC si configura come un’”ancora” fisica e simbolica che influenza l’autopercezione, il benessere emotivo e la qualità di vita complessiva dei pazienti.

Il CVC: tra Salvezza e Stigma

Per i pazienti in NPD, il CVC è un elemento cruciale, lo strumento attraverso il quale ricevono il nutrimento essenziale. Questa consapevolezza genera un profondo senso di gratitudine e di “dipendenza salvifica”. Tuttavia, la sua presenza visibile o palpabile, e la necessità di una gestione rigorosa, possono innescare una serie di reazioni emotive complesse.

  1. Alterazione dell’Immagine Corporea e dell’Autopercezione:

Il CVC, sia esso un PICC (Peripherally Inserted Central Catheter), un catetere tunnellizzato o un Port-a-Cath, introduce un corpo estraneo nel corpo. In particolare, i cateteri esterni e la medicazione quotidiana possono generare un senso di “diversità” o “malattia cronica” evidente, influenzando negativamente l’immagine corporea. I pazienti, soprattutto i giovani, possono provare imbarazzo o vergogna, limitando le interazioni sociali, l’abbigliamento e persino l’attività fisica, nel timore di mostrare il dispositivo o di danneggiarlo.

  1. Senso di Vulnerabilità e Ansia da Complicanza:

Il CVC è la porta d’accesso al sistema vascolare, e il rischio di infezioni (sepsi da CVC) o di complicanze meccaniche (come la trombosi) è sempre presente nella mente del paziente e del caregiver. Questa spada di Damocle può portare a un’ansia costante, che si manifesta nella scrupolosa, a volte ossessiva, osservanza dei protocolli di medicazione e igiene. L’ansia non è solo per la salute, ma anche per la paura di “fare un errore” che potrebbe portare a un nuovo ricovero, interrompendo la preziosa routine domiciliare.

  1. Impatto sulla Libertà e la Spontaneità:

La Nutrizione Parenterale, spesso somministrata durante la notte, vincola il paziente all’infusore per diverse ore al giorno. Il CVC, come l’accesso, richiede una pianificazione meticolosa degli spostamenti e delle attività quotidiane, limitando la spontaneità. Viaggiare, fare sport, o semplicemente la routine dell’igiene personale (come fare la doccia o il bagno, dove è necessario proteggere l’accesso) richiedono un’attenzione e una preparazione maggiori. Il catetere diventa così un simbolo delle restrizioni imposte dalla malattia e dalla terapia.

  1. Isolamento Sociale e Relazionale:

L’obbligo di connettersi regolarmente al dispositivo e le limitazioni fisiche possono portare a un ritiro sociale. La percezione di essere un “peso” o la difficoltà nello spiegare la propria condizione agli altri, spesso amplificano il senso di solitudine. La qualità della vita correlata alla salute (HRQoL) in questi pazienti è spesso ridotta, con evidenze di disfunzioni psicologiche e sociali.

Verso un Supporto integrato e completo

È fondamentale che l’approccio alla NAD si evolva oltre la mera gestione clinica per includere una valutazione e un supporto psicologico strutturato. Comprendere l’impatto emotivo del CVC non è solo una questione di empatia, ma un elemento cruciale per il successo a lungo termine della terapia domiciliare.

  • Supporto Psico-Educativo: I programmi di training per la gestione del CVC dovrebbero integrare sessioni sul benessere emotivo, fornendo strategie di coping efficaci per l’ansia e l’alterazione dell’immagine corporea.
  • Ruolo del Caregiver: La famiglia e il caregiver sono anch’essi sottoposti a stress. La formazione sul supporto emotivo, oltre che tecnico, è essenziale per non amplificare i timori del paziente.
  • Scelta dell’Accesso: Laddove possibile e appropriato clinicamente, la scelta di un accesso vascolare a basso impatto visivo (come il Port-a-Cath) può minimizzare l’alterazione dell’immagine corporea, migliorando l’accettazione e l’integrazione del dispositivo nella vita quotidiana.

 Il Catetere Venoso Centrale, dunue, pur essendo l’elemento centrale di una terapia salvavita, è anche un fattore di stress psicologico. L’obiettivo dell’assistenza domiciliare deve essere quello di trasformare questa “ancora invisibile” da un simbolo di malattia a un emblema di resilienza e autonomia, consentendo ai pazienti di vivere la loro vita al massimo, nonostante e con il loro prezioso dispositivo.